Impressionabile, nervoso, per un niente impallidiva o si accendeva, e in quel momento perfin la voce pareva rauca.
– Cos'è?... – chiese Fiorenza.
– Ho sempre sospettato che ci sia qualcheduno qui in casa, che mal disponga mio padre contro di me, e, quel ch'è peggio, contro i liberali, contro l'Italia. Oggi lo son venuto a sapere.
Fiorenza guardò Alessandro, e un leggero sorriso di ironia le si disegnò in un angolo della bocca.
– Tu non lo credi, forse, perché sei buona; troppo buona: ma io ne son certo; Guido è un figuro.
– Me l'aspettavo, – rispose Fiorenza, – e come lo hai saputo?... chi te l'ha detto?
– Non importa occuparsi di ciò, basta la cosa.
– Che è falsa.
– Che è verissima.
Fiorenza negò col capo, mentre, nel suo interno, memore d'una certa brutta scena, sempre più sentiva ciò che le si macchinava contro, e da chi.
– Sí, Fiorenza... cosí non fosse!
Successe un silenzio, dopo del quale, mentre ella continuava ad accennare di no, Alessandro riprese:
– Non lo volevo credere, e me ne dispiacque, sai... ma tanto!... – proferí con forza Alessandro. – Tanto! l'ho difeso io cento volte, perché lo stimavo nobile.
– Ti giuro, – lo interruppe Fiorenza, – per quello che lo conosco, ti sei ingannato. Ti è veramente amico, ha sempre messo pace: è veramente italiano, non s'è mai smentito una volta... più italiano di... di chi lo accusa.
– Fiorenza... è inutile... tu hai delle antipatie alla maniera delle donne. Non posso adirarmi perché sei tu... ma se fosse con un'altra persona qualunque... la quale respingesse la verità, quando non le viene da' suoi benevoli.
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