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– Vorrei sapere, – disse Fiorenza, mantenendosi in una pacatezza, non del tutto scevra d'ironia, – vorrei sapere cos'è venuto a far qua il signor Daniele. Come si avventura a tornare fra' Tedeschi?... non gli nasce mai niente a costui!... Perché è tornato ora?... a che corpo appartiene!
– Lo sai, – rispose grave Alessandro.
– Non lo so, in verità: quando non fosse alla colonna dei burattini.
– Fiorenza!... Fiorenza!... tu farnetichi... non ti ho mai udita bestemmiare in tal guisa io. – Dopo un po' di silenzio riprese:
– Daniele è repubblicano: egli non crede ai re; crede che i re tradiscano, crede una derisione la guerra, la ripresa dell'ostilità... egli viene dunque... oh!... ma non sono segreti da donne. In ogni modo un grande principio bisogna rispettarlo, senza indagare momentanee apparenze...
– Oh!... me le immagino!... a forza di sentir discorrere ci ho fatto pratica di questi garbugli... sarà qui a preparare il terreno per Mazzini... cartelle, prestiti, e quel che ci va appresso. Speriamo che sia sincero. In ogni modo, ti pare che seminar discordie, toglier fede a chi solo può ajutarci, quando già, ora, della repubblica nessuno se ne sa che fare, vada bene?... E, in qualunque caso, non è qui il suo posto. Starebbe meglio a Roma, o per lo meno a Venezia.
– Nossignora! Ci vuol qualcheduno, qua, ci vuol piú coraggio a sfidare il boja sotto le bajonette austriache...
Ed ella:
– Sì, ma è sempre un dividere.
– Ma cospetto tu mi diventi una grande politica.
– Stimo bravi a non divenirlo.
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