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      – E io che vorrei morissero tutte le donne atte a far figli, e si soffocassero quelle incinte prima che li mettessero al mondo! – Poi si atteggiò cosí truce, che queste orrende parole apparirono miti in confronto de' suoi occhi.
      E fu il segnale della battaglia.
      – Son voti che non sono permessi, – proferí severo lo zio, – non sono parole da uno che è padre.
      – Voti da pazzo, – disse il signor Agostino.
      E Alessandro:
      – Ah, da pazzo?... e io che credo che sian voti santi in paese di schiavi: stolta illusione fu la mia – continuò vòlto a Fiorenza – dove non c'è patria, non c'è famiglia: oh Dio, aver figli perché siano infelici come noi!...
      – Infelici perché volete, – rispose il dottor Rizio.
      – Come... s'è tutto, ma tutto un popolo?...
      – Quattro birbe ammattite, io direi.
      – Quattro birbe?... i rappresentanti dell'intelligenza e di quanto v'ha di piú nobile, di più elevato!
      – Quelli sono i gonzi strascinati dai birbi, – interruppe il dottor Agostino... – ad essi non par vero che chi ha qualcosa a perdere li segua; essi... lodano il matto, per poi fargli il gambetto, e prendergli il posto.
      – Ah!... è proprio cosí... – domandò Alessandro, con l'accento della più fiera ironia, – non c'è proprio niente di vero al mondo... è tutta ipocrisia, finzione, tutto interesse?...
      A cui il dottor Agostino:
      – Io dico che queste mattíe si vestono di bugiarde apparenze; non nego le cose giuste, i sentimenti veri, di natura...
      Alessandro stava per rispondere con una energia che spaventò don Leonardo e Fiorenza; Clelia taceva, ma tremava: allora il prete interruppe suo nipote.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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