– Abbi pazienza, figliolo; che c'è da disperarsi, da farneticare a tal segno? confida nella Provvidenza, e se è giusto che le tue aspirazioni si compiano, le si compiranno.
– Che Provvidenza!... – il vecchio sorrise amaro e guardò suo fratello sacerdote, come per dirgli: non sapete ch'e' non credono in Dio? – facevano i santarelli, – mormorò, alludendo a certa venerazione religiosa con cui, da alcuni sinceramente, si era manifestato, ne' primordî, il liberalismo.
– Che Provvidenza! – replicò il giovane furibondo, – la nostra disperazione farà essa qualche cosa... bisogna rischiar tutto.
– Quest'è correre il palio degli spropositi, – disse il dottor Agostino.
A cui Alessandro di nuovo ironico:
– Sicuro!... non c'è di savio che l'imperiale e regia Polizia... totus mundus stultizat, – esclamò ridendo, con un detto di Francesco I, immane avversario delle rivoluzioni. – Ah! cara Fiorenza, valeva ben più che tu mi lasciassi là davvero... io sapeva il perché non volevo venire ad attossicarmi l'anima.
– Oh! bella, – disse il dottor Agostino, – ho da cavarmi i capelli perché i Tedeschi lo conoscono il loro mestiere, e la guerra la sanno proprio fare? Si poteva immaginarsi come l'andava a finire, fin da quando Radetzki, con quella mossa ardita, passò il Ticino; voi altri ci avete una bella disciplina da contrapporre a quelle montagne di Croati, che si lasciano ammazzare al loro posto, senza recitare un sonetto alla patria!
– Pur troppo! – mormorò don Leonardo.
– Perché avean che fare con un nemico inferiore, – urlò Alessandro, – non si sa che la loro prodezza è nel numero?
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