.. c'è davvero da piangere.
Alessandro si piantò in faccia a suo padre colle braccia cancellate al petto, e coprendolo con quel suo sguardo di foco, gli disse:
– Senti!... io capisco... la poesia è niente per voi altri... non la intendete... dignità, onor nazionale, decoro dell'uomo, è tutto niente: niente non esserci sicurezza personale, e nemmeno dei pensieri: è niente che conculcano il popolo, che lo battono... che battono le donne!... le donne perdio!... – gridò esasperato. – Ma e l'interesse?... Il vantaggio materiale, dov'è? Se ci rubano tutto... se ci portano via il nostro sangue, se ci tolgono il commercio, ci intercludono ogni via, ogni aspiro... Pazienza che si pensi per noi a Vienna: ma ci va anco il nostro oro... è in nome dell'oro che vi parlo dunque, del dannato oro, del vostro unico Dio!...
Un silenzio successe a questa veemente uscita; il dottor Agostino lo ruppe:
– E chi non la intende che ad esser padroni sarebbe un bene?
– Davvero! – dissero don Leonardo e Fiorenza.
– Ma già l'Italia non è mai stata sua.
– Ma lo sarà!...
Allora il babbo Rizio:
– No, perché non siete buoni a, nulla: non reggete sul sodo a nulla: uno grida per di qua, uno per di là, mille brighe, e mai una di proposito: alla lunga tutto vi dà noja: lontani da casa volete tornare; tornati, presto via. Intraprendete cento mestieri. Non è cosi che si dà compimento a un affare: con tanti fremiti e aneliti e tanta inquietudine. A volte pare un pretesto per odiare qualcheduno, e se ci fosse quel tanto decantato Governo nazionale, c'è da scommettere che lo odiereste.
| |
Vienna Dio Agostino Leonardo Fiorenza Italia Rizio Governo
|