... Anco fra le grandi aure della Rivoluzione c'entra il pettegolezzo, e molte volte il sangue, versato nella strada, cominciò a sgorgare nei miseri litigi, fra l'oscurità delle mura domestiche.
Procurerò d'esser breve.
Avete a sapere che, durante i primi mesi di libertà, un libello era stato scritto, contro sua eccellenza la signora Maltilde, sorella del conte, accusata d'austriacantismo, di codinismo, ecc.
Forzata, per realdirsi, ad offrire una somma e sopperire alle spese di uniformi per la Civica, e di messe pei morti in campo, la signora partiva, né di lei s'era più inteso a parlare.
Tornata, e questa volta in casa del fratello, abbandonato dalla moglie, trovavasi ora ad un pericoloso contatto, avendo chi le insinuava esser la Teresa stessa autrice del libello. Le dicevano come quella tal volta s'era vista la donna dei Rensini andare alla stamperia con delle carte in mano, mandata da chi, se non dalla intima amica della Lisa, qual era la Teresa in quel tempo?
Ora dunque venivan fuori le magagne. Di qui, dopo giorni del piú torbido silenzio, e in un lucido intervallo della infelice Teresa, durante il quale pareva diventar piú domestica e mansueta, una scena terribile, fra cognate, a proposito (vedete un po') della battaglia di Novara, scena in cui potete credere cosa venne fuori, e che il conte inorridito, allora allora, fuggiva, a sfogarsi col suocero.
Questi quattro vecchi rimasero alcun poco in silenzio, e nessuno d'essi osava interromperlo: alla fine il padre di Alessandro, dimenando il capo, mormorò:
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