– Andavo, – cominciò Guido con voce fievolissima, – andavo secondo il convenuto... quando, improvvisamente sbucati fuori... tre uomini mi assaltarono; io li respinsi...e lottai quanto fu possibile; e, non potendo altro, mi gettarono a terra... di dove...
– Oh!... ma questo è un orrore! lasciate ch'io chiami gente... cos'avete? oh Dio, è forse un braccio slogato?
– No! – disse Guido, facendosi una forza sovrumana, perché soffriva moltissimo, – non ho niente, non chiamate nessuno.
– Ma perché?
– Perché la gente accorrendo, e trovandovi qua come me... il vostro nome potrebbe riceverne onta.
– Ma, oh Dio!... e per questo riguardo? ma io non temo niente... voi avete dolori immensi, Guido...
– No! – rispos'egli, con voce rauca, e cosparso d'un pallore mortale, – è meglio cosí. Vi prego, allontanatevi e solo... se volete... passando per... casa mia... sonate... avvisate...
Ma qui, dopo aver proferite le ultime parole, come uomo che sta per morire, svenne.
– Oh Dio! – disse Fiorenza, – ajuto! qualcheduno... – e gli solleva il capo, gli asciuga il sudore, gli scalda le mani col suo fiato: sicché rinvenuto, e aprendo appena gli occhi, replicò sotto voce, ma con l'usata fermezza:
– Andate... vi prego.
– E v'ho da lasciar qua?...
– Andate! – replicò con suono non intendibile ma dicendo, colla luce morente degli occhi, quel che le labbra non bastavano piú ad esprimere.
Fiorenza partí.
CAPITOLO XIIIIL CASTELLO DEI DESERTI
Rimessa Fiorenza in via, ognuno può immaginare in quale stato, ella si die', tutta smarrita, a cercar la più breve, che trovò, direi, piú per istinto che per ragionamento.
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