È impossibile descrivere i sentimenti della donna durante quel breve tragitto; raccapricciava al pensiero del come aveva trovato Guido, al pensiero dell'attentato commesso sopra il povero giovine; ne indagava rapidamente le cause, si perdeva alla rimembranza confusa di certe cose vaghe, oscure, ma da cui sentiva venirne all'anima la percezione di segnali, di fatti che si collegassero con quello... Le tardava di giungere, stava in pena per la madre che l'aspettava, le parea di macchiarsi quasi di colpa verso Alessandro: il sotterfugio, che anco prima le coceva, ora diveniva tale da opprimerla e farla tremare. Dall'altra parte quell'infelice sulla strada non potea rimanervi senza pericolo o d'esser calpestato da qualche cavallo in furia, o di qualunque accidente imprevedibile... bisognava affrettarsi, precipitare, non aver che un solo pensiero, quello di toccare una soglia ed entrarvi. Giunta, non senza sgomento, Fiorenza sollevò il martello, grandissimo, antico e in tutto adatto alla porta che pareva di un castello, come (se non di castello) di vecchia fabbrica aveva aspetto tutta la casa: isolata, solitaria, fra ortaglie. Non appena colla sua manina Fiorenza ebbe alzato quell'enorme battitore, fu costretta a lasciarlo cadere, sicché diede un colpo, il quale rimbombò fortissimo, e quasi aggiunse a quel senso di misteriosa paura, che la teneva oppressa in cosí nuova situazione.
Fu aperto, Fiorenza entrò, e si vide in un ampio orto, non coltivato, lasciato a prateria con qualche ondulazione di terreno, che pareva naturale, non artefatta.
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