– Non so nulla! – esclamò Alessandro. – Ti giuro.
– Oh!... ma lo so io, – disse allora Fiorenza... – sí lo so, è Daniele... avrà trovato dei complici... ma è lui il caporione... l'impresa è degna di lui... certamente.
– Cosa ti sogni? ... tu farnetichi... senti, a chi dicesti che andavi dalla mamma?
– A don Leonardo.
– Dove?
– Glielo dissi laggiú sul mignano che guarda l'orto, ma già è Daniele... è Daniele, è lui, ne vo sicura!
– Ah! mai piú... – disse Alessandro.
– È lui!... è lui... caccialo via, ti scongiuro, esclamò la donna come scossa da un repentino ribrezzo, da un terrore inesplicabile, ma intimo, ma reale. – un uomo perverso, sí te l'accerto... non vedi?... ha i movimenti d'un serpe... quand'egli parla il suo fiato mi agghiaccia, le sue parole mi opprimono: quando sono rimasta con lui io non credo piú al bene, alla virtú, caccialo via! caccialo via!...
– Ma Fiorenza, per amor del cielo... chètati, – esclamò Alessandro, vedendola con inquietudine e dolore tornar convulsa, colla bocca arida e tutta tremante.
– Ah! Dio sa quai tremendi lacci ti uniscono a quel demonio!... a quali sètte egli t'avrà affigliato.
– A nessuna! – interruppe con energia Alessandro: – sappi che un certo Orsini, un vero italiano, di quelli che han combattuto in Romagna, fin dai primi moti... quando noi non ci si pensava nemmeno: un uomo provato insomma, e a Lugano, mi disse piú volte: – per fare l'Italia, bisogna disfare le sètte. – Fuori i barbari – ecco la setta a cui appartengo, davanti gli uomini, e in faccia a Dio.
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