.. La famiglia! – riprese con ischerno: – è il ragionar d'un italiano codesto?
– Son italiano quanto te: chi sa meglio, senza secondi fini, senza utopie e spavalderie.
– Di certo: è piú facile, piú comodo rimaner al sicuro, a banchettare... – e guardava ai bicchieri scintillanti, a quel po' d'argenteria, ch'era in tavola.
– Resto a soffrire, non a banchettare, – disse gravemente Alessandro.
– E a perder l'onore, – concluse Daniele.
– Al mio onore provvedo io e basta: non mi seccare, Daniele!... escimi da' piedi, – e, con gesto infuriato, lo congedò.
Daniele si mise il cappello in testa, e datagli una fiera manata partí vociferando:
– Avanti ch'io ci metta piede, in questa maledetta casa! – e parve in furore anche lui. Dico parve perché era freddissimo e nell'andar via, l'occhiata che slanciò nella stanza e su Fiorenza, che entrava allora, fu di gelo.
– Dio! – esclamò la sposa d'Alessandro, – quell'occhio mi trapassò il core, come una saetta... non l'hai visto lui, sporco, lacero, pitocco, superbo, pretendente, come ha guardato a noi?
– Che ci abbiamo al foco la pentola! – disse il dottor Agostino, sopraggiunto, e che aveva tutto inteso.
– Quando è venuto mi sentivo in voglia di dirgli: resta con noi! – esclamò Alessandro; ma la Clelia:
– Hai fatto bene, perché a desinare con lui ci si perde l'appetito... mangia peggio d'un Croato; non basta che non ha né Dio, né santi; è anco un incivile, che mai il peggiore.
– Gli ho data l'educazione (e senza nessun dovere che non ha diritto a un centesimo) perché la mettesse a profitto, e non perché ci odiasse, – disse il dottore; a cui la Clelia:
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