– Bada ch'io lo avverto il papà che c'è qui Salvatore, e che lo abbiamo visto: il sotterfugio mi pesa troppo.
– Eppur ti ci addattavi nei giorni scorsi! – disse Alessandro.
– Ah! ma per forza! – esclamò Fiorenza: siete voi altri che costringete alla bugia, anche chi non ci è fatto. Il papà è ragionevole lui: e di Salvatore ne ha stima sebbene non paja, come vuol bene alla Marietta. Perché in fin dei conti, sono gente seria tutti e due.
– Domani diventerò serio anch'io, – disse Alessandro, – m'è stato offerto un lavoro e l'accetto.
– Sia lodato Dio! – esclamò Fiorenza, levando gli occhi al cielo. – S'avrà un po' di pace. E ora... Io mai non t'ho contrariato nella tua passione per l'Italia, poiché non mi piace avvilire gli uomini. Ma al punto in cui siamo, bisogna decidersi: l'economia lo esige.
– Pur troppo.
– E quando non si regge piú l'economia nelle famiglie infelici, vanno a rifascio
– Fiorenza! – esclamò Alessandro, – un anno fa non avresti detto famiglie infelici, parlando della tua.
– Ah, ti pare che siamo felici?... Non basta la piaga della Teresa? non è un'orribile storia?
– È vero, ma si aggiusterà anche quella.
– Dio voglia!... per me già tremo sempre, anco adesso al pensiero di tornare, e trovare Dio sa cosa!
– Va! va! non saranno tutte schioppettate, e da me, dispiaceri non ne avrai altri, – concluse Alessandro; ella sorrise: dopo di che tutti e quattro si misero in silenzio: il ritorno fu come per solito i ritorni d'estate, in carrozza, di sera. Silenzio circostante, rumore monotono di rote, chiaro di luna, alberi che passano via l'uno dopo l'altro, come fantasime in fila.
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