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      Quindi s'è addormentato, grazie a Dio; ma, nel delirio della febbre, io, se non erro, colsi alcune parole inquietanti. Non le ho comprese; ma ho sentito di venire ad avvisarvi; voi forse saprete... se vi aspettano perquisizioni o chiamate, se avete libri, carte... abbruciate tutto. Ecco perché son venuta!
      Fiorenza, scossa da queste parole, stava perplessa, non apriva bocca, nemmeno a ringraziare; dirò, anzi, non osava rispondere: ma, quando vide che la signora, non avendo da aggiunger altro, si moveva, ella la fermò.
      – Le domando perdono d'avere mancato, – disse quindi.
      – A che cosa?...
      – Al dover mio: e cosí pure se dovrò mancarci ancora, e non le restituirò la preziosa visita di questa sera: – poi soggiunse: – intendo che mi dispiacerebbe assai che la signora m'aspettasse.
      – Io? – interruppe la signora e, levando gli occhi al cielo, e perdendoli nel vano, parve astrarsi e pensare qualche cosa ben lontana dalla parola della sua interlocutrice. In quella, passò il bambino di Fiorenza; la signora, al suono delle piccole pedate si scosse, e voltò la testa, come per non vederlo.
      – Io non aspetto nessuno, – disse quindi con voce sommessa e sguardo pieno di dolore: poi lenta, seguita dal vecchio, che aveva aperto a Fiorenza due sere prima, facendo un gesto di nobile commiato, si congedò, e disparve.
      A Fiorenza restò per un momento la memoria viva di quell'immagine, risvegliandosi in lei l'impressione provata nella sua prima intervista. Ma ora, oh quanto piú si sentiva commossa al cospetto di quel cordoglio, a lei maggiormente svelato! nel riveder col pensiero quel sublime tipo romano, e insieme l'impronta di un dolore che, supremo d'ogni affanno terrestre, tutti li riassumeva!


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
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