– mormorò.
– Abbi pazienza, Alessandro, che si calmino queste ire, questi inferni; poi se occorrerà l'andrò a cercare io stessa, – esclamò Fiorenza, presa da una specie di rimorso retrospettivo, e quasi di benevolenza per l'abborrito parente; – intanto, pensiamo a guardare se c'è niente di pericoloso; libri, carte... uomo avvisato è mezzo armato.
– Non c'è niente – rispose assai perplesso Alessandro, – e poi, in ogni modo abbiamo agio domani, oggi è tardi... non si farebbe piú a tempo – concluse piú terminando il suo pensiero, che rispondendo a Fiorenza.
– No, – rispos'ella risoluta, e mettendosi con impegno e con gran fretta a bruciare tutto quello che le capitò sott'occhio, non ammesso dai superiori. Bruciò manoscritti; libri di Guerrazzi: primi lapilli, che avevano incendiata la nostra terra, poesie di Giusti, poesie d'un altro, allora giovane, ma già per le ispiratrici bellezze, quanto per la singolarità delle scorrezioni, fatto popolare, l'Aleardi; lettere pericolose, libri politici, fogli, stampe...
– E questo libro di chi è?
A cui timidamente, Fiorenza:
– Son canti slavi, che mi prestò Guido – se vuoi riportarglieli domani... quando ci vai...
Alessandro aperse il libro, e fermatosi ad una poesia molto tetra, segnata in margine, vi lesse tra l'altre una strofa:
L'angel dal lago rovesciò mia nave,
E l'acqua intorno e il ciel s'ottenebrò,
Io della tomba mia gelido e graveSopra la sabbia qual cadaver sto
– Vedi! – proruppe, slanciando il libro, – sempre questa segreta infelicità; o non potrebbe essere rimorso?
| |
Alessandro Fiorenza Alessandro Fiorenza Guerrazzi Giusti Aleardi Fiorenza Guido
|