... un barbaro comando, e sono insomma gli artiglieri visti in quel giorno, i quali schiacciando feriti, morenti, gli vengono addosso, mentre anche la bella luce pallida di prima si cambia in un colore sinistro e quasi sanguigno. Lui si fa piccin piccino per isfuggirgli, e si desta... intanto una voce soave ed angosciosa (da lui prima creduta gemito di morenti), lo chiamava per nome.
– Son qua, sai... son venuti.
– Chi?... – domandò, mezzo assonnato, lo sposo di Fiorenza.
– Ah! signora, ho dovuto aprire; se no buttavan giú la porta – esclamò entrando, fuori di sé, la Lucietta.
– Chi?... – domandò Alessandro, rizzandosi a sedere sul letto; e come nessuno gli rispondeva con parole, ma col pallore, cogli atti – chi?... – tornò a chiedere, già ferito da un orribile dubbio.
Una voce sconosciuta gli rispose dall'anticamera:
– Dov'è la cantina?... – ci aprano subito il sotterraneo.
Alessandro a questa intimazione rimase impietrito. Egli provò un senso di brivido, che lo percosse come una biscia agghiacciata e furiosa lungo la spina dorsale, e dovette giungere a sollevargli i capelli, perché Fiorenza, a vederlo, lo comprese un uomo perduto.
– Cosa dobbiamo fare? – domandò ella con isguardo smarrito.
– Quello ch'essi vogliono – rispose rauco, ma in fermo contegno Alessandro, che pronto indossò le prime vesti capitategli alle mani.
La Lucietta prese le chiavi, i soldati s'avviarono con essa, fuorché due rimasti a guardare Alessandro.
Fiorenza, inchiodata al terreno, gli tenne compagnia: i due sposi si guardarono muti di raccapriccio, e successe un silenzio d'angoscia.
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