Felici se, come avveniva in Alessandro, allevato non da chietino, ma non da empio, questa fermezza, la risoluzione di non tradir nessuno, e il saper morire da Italiano insomma, la devono piú che ad un cinico disprezzo della vita, al sublime soccorso della pietà. Se nel momento del terrore e dell'abbandono d'ogni orgoglio, hanno sentita una pace vera, un appoggio sovrumano pel quale, rimesso il proprio destino nelle mani di Dio, si sono lasciati animare da quel soffio potente, che sulle loro ciglia inaridite, da una visione di sangue, fa scorrere lagrime di compassione e di tenerezza, e nella loro anima, sospesa in tanto baratro, mette una pace severa, ma di cui nessuna considerazione terrena potrebbe dare l'eguale!
Parlando di casa Rizio, le cose procedevano in modo diverso.
Invece di non saper cosa pensare, si univan tutti in un solo pensiero, in un solo scopo ardentissimo, palpitante: quello di salvare, se fosse possibile, Alessandro.
Le leggi statarie parlavano chiaro: i proconsoli austriaci non transigevano; già da poco altre esecuzioni erano state fatte, o per corrispondenze criminose di Venezia, o per seduzione di truppe. Alessandro, notato per accerrimo nemico, quando incontrava una uniforme, a stento si teneva dagli insulti.
Però legami con società o isolati complici non si scoprivano.
Fuori che le armi, nessun oggetto pericoloso. Salvatore avvisato dall'eroica donna, la quale avea avuto il coraggio di far tante miglia a piedi, per avvertire, all'alba della notte stessa dell'arresto, il suo caro padroncino, aggiungendovi ciò che le parve sulle trame del Rensini, era partito incontamente, e per gran ventura, che guai se in quelle circostanze egli capitava alle mani dell'autorità, messa in sospetto.
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