– Un'armata, un'armata... o volete metter questi?... quand'eran per prender la città e' teneano in un tal posto una sentinella: perché là ci dovea stare; i nostri ne uccisero diciasette, una dopo l'altra... cosa stimate che facessero costoro? prendevano il morto pei piedi, e vi mettevano un altro povero Croato... vedete che disciplina!... Eh! Eh!... – fece con quel suo grido che imitava il gallo – io la conosco quest'oca, la è vecchia... ha le ossa dure questa maledetta!
Mi spiace riferirvi discorsi triviali, ma siamo con gente alla buona: e non in alte sfere: io poi sento dire, da quelli che ci praticano nell'alto, esser colà differente la vernice, ma non l'essenza delle cose, ch'è talvolta forse peggiore.
– Dure assai meno che voi non credete, paron Checco.
– Um! vedremo... io dico, che fino a che non perdono lo budelle per terra, di qua e' non se ne vanno... no!... no!... pur troppo – concluse con un gran sospirone, e mettendo, fatto su con garbo, nelle ampie saccoccie il moccichino. Ai suoi momenti perduti era un gran liberale, ma quando la concia delle pelli non ne patisse... tutto si perda fuorché i magazzeni! – E lei cosa dice? – domandò con un buon umore pieno di galanteria il conciapelli, volgendosi alla signora Cattina da Noale.
La quale era divenuta persona d'importanza dopo che il generale austriaco, quasi in seguito al colloquio avuto con suo consorte, aveva segnata la sentenza favorevole. La signora Cattina era andata raccontando da per tutto il come e il quando, con un certo modo tutto suo di sprezzo e di buon umore, di tenersene e no.
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