– Euh! fioi de cani! – vociferò, trinciando l'aria con quel suo povero braccio... braccio?... tre ossa attaccate, ravvolte in un cencio, a guisa di manto o tenute insieme da un po' di pelle, mi par ancora di vederla, nella maestà della sua miseria, in quella eloquenza, dello sguardo, in quelle occhiaie profonde, di piombo e in tutto quel viso consunto, ma nel quale scorgevasi non pertanto la scolpita modellatura del tipo italiano. Vorrei essere artista per eternare quell'immagine, per far immortale quella Romana, quella Greca di Parga e di Missolungi. Oh! cari infelici, sono eroi senza avvedersene, son quei che cantano il Tasso e possono intendere Dante, corrotti da tanta mollezza di un'antica, fradicia signoria, e ancora tanto forti: perché in fin dei conti i signori mangiano, se non bene, meglio certo di questi meschini, che avean tanto poco, e han perduto anco quello: che partecipano ad una gloria, e rimarranno oscuri... non pietra, non parola.... forse appena una cassa a chiuderli morti!
La nobiltà dunque del resistere ad ogni costo, è di più nei poveri, e vien voglia di baciare le loro misere vesti, di inchinarcisi davanti come a oggetti rispettabili e istò per dire sacri. Ah! quei portici del Sansovino dov'è passato il sospiro di tante donne gentili, la eloquenza di tanti magnifici ingegni, no non han mai sentita piú sublime parola!
Altra dello stesso alla stessa.
Nessuna lettera! nessuna notizia!... non v'è chi s'attenti a passare, né Chioggioti, né Buranelli piú intrepidi, e che non aveano fatto altro mestiere durante l'assedio.
| |
Romana Greca Parga Missolungi Tasso Dante Sansovino Chioggioti Buranelli
|