... chi l'avesse detto! ancora ti vedo quando, operaja indefessa, lavoravi negli uniformi de' volontarî, e all'annunzio ch'io partiva per Montebello, le tue prime lagrime bagnarono le costure e i sopraggitti delle rozze vesti, che preparavi ai soldati del tuo paese! Se invece la scapolo, allora ci sposiamo prestissimo, ad un patto però: che se in Cadore c'è un montanaro che spara un fucile, ci vo subito... e in qualunque sito ci andrò, in qualunque ora, fin che c'è un lembo d'Italia da redimere. Questo è il grido che, con pochissimo fiato ma con moltissimo core, innalza da queste macerie cruente, alla vigilia forse della morte e della caduta, il tuo Salvatore.
IIIL CONGEDO
Ancora di taluno dei nostri personaggi ci occorre dir qualche cosa. Principalmente di Daniele e di Guido.
Pochissimo del primo, e quel poco assai triste, anzi lugubre. Di certo lo affermavano partito, rifugiato in Isvizzera, allorquando un giorno due persone, non estranee a questo racconto, trovatesi, per caso, nella camera anatomica d'un ospedale, furono colpite dalla somiglianza che una testa recisa, e collocata presso il suo tronco, presentava con una fisionomia già nota.
Guardano quella testa, si avvicinano, osservano quel viso che, benché trasformato dalla morte, pur conserva i primitivi lineamenti: son quelli i suoi capelli scolorati, incollati sulle tempie, è suo quell'occhio stanco ed obliquo, che non desta minor ribrezzo di quando era vivo, e che par tuttora tradisca.
Di fatto era Daniele. Morto, e senza dubbio, di morte naturale: probabilmente di colèra, non correndo piú i tempi, in cui la giustizia occulta d'un tribunale di setta potesse, né volesse scoprire un fellone, per eseguire, in qualunque asilo ei ricoverasse, una inesorabile sentenza.
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