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      – Manco male – esclamò Salvatore, che Garibaldi li ha battuti a Palo... guarda se toccava ad essi venire a Roma!
      – Voleva ben andarci il nostro re, – esclamò Fiorenza – il povero Carlo Alberto! Oh! magari... il Papa difeso dalle armi italiane, quest'è il mio sogno: com'è quello di don Leonardo, liberalissimo... ma, oh Dio! non gli toccate il Papa...
      – Se c'è causa che deva esser risolta colle armi è quella – disse Guido. – La signora Fiorenza ha tòcco il punto della quistione. Ella poi le vorrebbe italiane: cosa di piú giusto? Le vorrebbe protettrici d'un potere illuminato ed umano, che non urtasse gl'interessi materiali e non turbasse le coscienze; cosa di piú santo? – a cui Salvatore:
      – Vorrei esser io, – disse agitandosi sulla seggiola – vedreste se ci andrei e con passi romani!... – A cui Rocco:
      – E furono i Francesi a non permetterlo... bella logica è quella di costoro!
      – Fu detto mi pare – disse Guido – che la corona di quei loro capi o padroni, a cui non possono stare senza darsi, è un cerchio di metallo... e che quella corona ossia quel cerchio vale quanto la testa che lo porta.
      – Cosa vuoi tu dire? – chiese di nuovo Alessandro interrogando Guido col suo occhio vivace e impaziente – vorresti forse alludere alla profetata decadenza della nazione francese? Ma va!... ancor che fosse vero... a decadere ci mettono secoli.
      – Io parlavo dell'imperatore... – disse Guido – e pensavo che ad ogni modo m'avrebbe l'aria d'uno di quelli, posti in seggio dai Pretoriani, appunto nel periodo di rovina dell'Impero Romano, e a cui.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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