Intanto nel silenzio, o almeno con un rumore che non si faceva sentire al di là dello stretto di Messina, si organizzavano i Fasci dei lavoratori, da principio con intenti non nettamente determinati, sicchè si sarebbe potuto prenderli per organizzazioni non molto dissimili dalle antiche società operaie; ma più tardi, e particolarmente dopo il Congresso di Genova, con programma schiettamente socialista, ed anzi esclusivamente marxista.
Credo di essere stato il primo, o uno dei primi, a notare la esistenza dei Fasci fuori d'Italia, in un articolo pubblicato nella Grande Revue di Parigi-Pietroburgo nello scorso inverno; e confesso che allora non sospettavo che avessero dovuto fare parlare molto, e presto, di loro; e fui dei primi, pur rallegrandomi, come socialista, dei progressi che facevano le idee, a dare un grido di allarme per certi fenomeni poco rassicuranti da me osservati.
Parlai al vento; e gli eventi seguirono il loro corso, come se nulla avesse dovuto e potuto farsi per impedire che riuscissero dolorosissimi. Così si arrivò ai massacri di Giardinello, di Pietraperzia, di Marineo, di Gibellina, di Santa Caterina ecc., che, per una serie incredibile di errori, di violenze di arbitrî, di infamie, si riannodano, a meno di un anno di distanza, a quello di Caltavuturo!
E il movimento socialista siciliano, per virtù degli iniziatori, per colpa degli avversarî e per favorevole coincidenza di diversi fattori, assunse tali proporzioni da preoccupare, finalmente, i nostri governanti di ogni partito; alcuni dei quali con stoltezza, che risente della calunnia, piuttosto che confessare la imprevidenza propria, preferirono attribuirlo all'oro della Francia ed alle mene dei clericali.
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