Queste modeste aspirazioni, che sono propugnate da tanti che non sono socialisti e pel cui conseguimento (se non vi facesse ostacolo la intolleranza di alcuni capi), si potrebbe trarre profitto dall'impiego di tante altre forze, rappresentano molto meno di quello che c'era nel programma minimo del cosidetto partito possibilista francese, ch'ebbe ad interprete autorevole e stimato il Malon.
Non avevano messo nel programma neppure le cooperative di produzione, perchè disgraziatamente nemmeno quelle di consumo e di lavoro hanno potuto attecchire in Sicilia, dove indarno si cercherebbe una associazione di semplice mutuo soccorso, che possa gareggiare con la più meschina Trade-Union inglese del vecchio stampo.
Se alcuni dei capi conoscevano le teorie di Marx - e alcuni le avevano studiate con amore e le spiegavano con molta chiarezza, come il Montalto, il Barbato, il De Luca, il Petrina, ecc.: - la immensa maggioranza dei soci dei Fasci, per non dire la totalità, non riusciva a formarsene la più lontana idea. Così avveniva che mentre i giornali ed i capi del partito parlavano di collettivismo, tra i socî e specialmente tra i contadini più arditi e più radicali si aspirava alla divisione delle terre, alla quotizzazione. Per loro una buona legge agraria sarebbe l'ideale; molti altri si sarebbero contentati della riforma dei patti colonici. La elevazione dei magri salarî per gli uni, la mezzadria ad oneste condizioni - come c'è in Toscana e nell'alta Lombardia, e di cui non mancano buoni e numerosi esempî nella stessa Sicilia - per gli altri, sarebbero bastate a soddisfarli ed a quietarli per un pezzo.
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