Alludo al censimento dei beni demaniali e dell'asse ecclesiastico.
Qui da dieci secoli le corporazioni religiose, le confraternite ecc. avevano ricevuto doni dai fedeli ed accumulato ricchezze enormi. Nel 1860 si può ritenere che esse possedevano oltre 190,000 ettari della migliore terra malamente coltivata sì, ma il cui prodotto veniva consumato localmente. Il generale Garibaldi vide il pericolo che derivava dalla esistenza di tale vasta manomorta ed il vantaggio che si poteva ricavarne distribuendola in piccoli lotti ai lavoratori; ma il suo ottimo pensiero fu svisato completamente poco dopo.
Il governo italiano, che successe alla Dittatura, ad un elevato fine economico-sociale ne sostituì uno puramente fiscale: e col censimento, che seguì alla soppressione delle corporazioni religiose, si costituì una risorsa finanziaria compiendo una vera spogliazione a danno dei Comuni, cui accordò in teoria un quarto della rendita dei beni delle suddette corporazioni - assottigliata da imposte e prelevazioni di ogni sorta - ma in fatto la negò con ogni sorta di tergiversazioni e di litigi(14).
«La Sicilia è entrata nella grande famiglia italiana con un debito pubblico di appena ottantacinque milioni in capitale, e con un lieve bilancio di sole lire 21.792,585. E a dippiù dessa vi ha arrecato il suo tesoro, accumulato da lunghi secoli, dei beni ecclesiastici e demaniali. Però dessa vi è entrata al tempo stesso povera di opere pubbliche, cioè di mezzi di viabilità di ogni genere, di lavori portuali, e di bonifiche di qualunque natura.
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