Si può dire che non conoscono la pasta, mentre spessissimo mangiano erbe cotte e senza condimento di olio.
Uomini di ogni età fanno da bovari e se l'armento è poco numeroso più spesso sono sotto i venti anni.
I pecorari, coloro che custodiscono le pecore, su per giù si trovano nelle identiche condizioni dei primi; hanno il vantaggio di dormire al coperto; quasi sempre alla sera mangiano le lasagne e la ricotta e bevono latte; ma ricevono un minore salario.
Il pane che mangiano bovari e pecorari è il più nero, il meno cotto e il più cattivo, che si mangi in Sicilia; è sempre fatto, però, con farina di frumento.
Tutti questi uomini addetti alla pastorizia vanno alle rispettive case una volta il mese ed anche ogni tre mesi, certamente con grave detrimento dei rapporti di famiglia e della morale.
Gli stipendî, oltre l'alimentazione nella misura suaccennata, variano da lire 75 a lire 200 all'anno. Pecorari e bovari, però, in mezzo agli animali del padrone hanno diritto di mantenerne gratuitamente qualcuno per loro conto. Ciò che aumenta il salario annuo in media di una trentina di lire.
Si comprende che con questi salarî irrisorî una famiglia nè onestamente, nè tollerabilmente può andare innanzi; ma di sovente gl'incerti vengono in aiuto. E pur troppo gl'incerti lucri vengono guadagnati dalle mogli e dalle figlie e dagli uomini sopratutto coll'abigeato e col manutengolismo.
I pastori sono quasi sempre amici o complici dei ladri di animali e dei briganti. C'è da sorprendersene?
Oltre i pastori lavorano ad anno o a mese i cosidetti garzoni e dietro a questi ultimi viene la grande massa dei giornalieri, la cui esistenza è assai più precaria e che sono degni di commiserazione profonda.
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