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      La concorrenza, il ribasso nei prezzi dei cereali, la elevatezza dei fitti delle terre hanno ridotto al minimum il salario anche dei mietitori, che in altri tempi si poteva considerare come abbastanza alto.
      Essi oramai lavorano per lunghe sedici ore, sotto la sferza cocente del sole, quasi africano, della Sicilia per un franco ed anche per 75 centesimi al giorno! Quando ritornano alle lontane loro case, dopo venti o trenta giorni di assenza, si reputano fortunati se portano un gruzzolo di lire 20!
      Il salario è insufficiente, è un vero salario della fame come lo chiamerebbero in Inghilterra; ma il guaio maggiore è questo: il contadino non è sicuro di averlo per tutto l'anno. È fortuna, se in media esso lavora per 200 giorni all'anno; la lira, quindi, o i sessanta centesimi al giorno devono essere ridotti alla metà circa, considerati come mezzi di sostentamento della disgraziata famiglia del contadino giornaliero, le cui donne guadagnano pochi altri centesimi al giorno, filando, cucendo, lavando, vendendo le uova che fa la loro gallina, la quale ha tutte le loro cure.
      Per talune di queste donne è una grande risorsa l'allevamento di un porchetto, che viene alimentato coi brodetti, colle buccie, e colle frutta guaste ricevute in elemosina dai vicini agiati. E bisogna vedere con quale tenerezza - che suscita l'indegnazione e lo scherno di chi non sa valutare la ragione del fatto - la buona moglie del contadino guarda a quell'animale immondo, che dorme sotto il suo misero lettuccio, e che sinanco gratta colle proprie mani e quasi accarezza a preferenza dei figli!


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





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