Quest'odio di classe venne constatato da Sonnino, da Franchetti, da Bonfadini, da Damiani in varie epoche; ma si vogliono pareri di persone ancora più autorevoli e insospettabili? Eccoli.
L'odio contro i ricchi, accanto alla esistenza del latifondo, viene esplicitamente denunziato dal Procuratore Generale Caruso, nella sua relazione innanzi alla Corte di Appello di Palermo sul movimento della criminalità pel 1880, come la cagione principale dei caratteristici reati dei contadini.
Cinque anni dopo un altro Procuratore generale, il De Meo, in una analoga occasione nella stessa Palermo osservava: «i poveri agricoltori e coloni, mezzadri o fittaiuoli non vedono e spesso non conoscono i padroni dei fondi che coltivano e ne risentono il peso e l'oppressione per quelli agenti intermedî che fattori o campieri si domandano; dai quali non pure sono tribolati con vessazioni, usure e prepotenze di ogni sorta, ma spinti a disamare i proprietarî; onde tra loro si mantiene un abisso e si forma un cumulo di animosità, di rancori, di odî inveterati, che diventano temperamento e abito dell'animo...»
Io credo che ce ne sia abbastanza per una dimostrazione obbiettiva, spassionata di un vero odio di classe in Sicilia preesistente agli ultimi moti; odio di classe generato dalle cause che sono state esposte e che ha costituito un pericolo permanente per l'ordine sociale.
Quest'odio di classe che, per quanto giustificato, in me produsse sempre un senso di sgomento per le sue possibili esplosioni, ispirò ad uno scrittore conservatore uno dei bozzetti suoi più indovinati e caratteristici, che ritraggono la vita e le passioni del popolo in Sicilia.
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