«Perciò la dinastia borbonica si chiarì impotente a fare il bene, debole nel pigliare ogni provvedimento d'interesse generale, solo violenta e perfino crudele ogni qualvolta temeva pel suo potere.» (Baer).
Degli intendimenti lodevoli e dei tentativi del governo borbonico per mutare e migliorare rimangono numerosi documenti ufficiali a farne fede. Colla legge dell'11 ottobre 1817, coi decreti del 2 Agosto 1818, del 20 maggio 1820 col reale rescritto del 18 ottobre 1821, con altri decreti del 30 luglio 1823, del 10 febbraio 1824, coi regolamenti del 24 ottobre e del 22 dicembre 1825, 3 gennajo 1836 e 20 ottobre 1834, 12 novembre 1838, si ordinarono inchieste e s'imposero scioglimenti di diritti promiscui, si cercò di dipanare l'arruffata matassa delle soggiogazioni, si tentò di porre riparo alle dilapidazioni e alle usurpazioni perpetrate a danno delle opere pie, si tentò d'infrenare l'usura; ma tutto riuscì sempre vano, perchè baroni, magistrati e funzionari di ogni genere, stretti in mostruosa lega, resero ognora lettera morta leggi, regolamenti e decreti opportuni e benefici, ed il governo non seppe contrapporre la propria forza attiva alla resistenza dell'inerzia.
Del male intanto si aveva conoscenza esatta; chè in un decreto del 12 ottobre 1838, all'indomani del viaggio di Ferdinando II in Sicilia, si legge: «le vaste contrade nude, deserte, mal coltivate, che s'incontrano in Sicilia, non ostante la loro feracità naturale ed il favore del clima, non potranno essere migliorate finchè durerà l'esistenza di più padroni sullo stesso fondo.
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