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      «Questo programma era modestissimo, non ledeva i diritti giuritarii di privati, eppure non seppe accennare ad adottarlo il governo, il quale invece, secondo lo stesso on. Cordova, crede di potere reggersi colla violenza, cingendo di cordoni militari le città, privandole dell'acqua, vietando l'uso libero dei diritti dei cittadini, assicurando sempre l'impunità ai carabinieri che commettevano reati: impunità che produceva reazioni.» Queste le testuali parole del Cordova ex ministro e moderato di quattro cotte...
      A questo stato di cose non poteva apportare rimedio il cosidetto Piemontismo in forza del quale fra l'altro si mandarono in Sicilia gli scarti della burocrazia, e vi si mandarono in punizione. Ne nacquero antipatie, liti, duelli, scene disgustose, che contribuirono a generare la sanguinosa insurrezione di Palermo nel 1866 che chiuse un primo periodo della dolorosa storia del governo Italiano in Sicilia.
      E che c'era da aspettarsi qualche avvenimento doloroso come quello del 1866 lo fece comprendere chiaramente in una celebre discussione parlamentare un altro uomo eminente, che aveva studiato e conosciuto la Sicilia da magistrato. Alludo all'on. Tajani che nella seduta della Camera dei deputati degli 11 giugno 1875 constatava che dal 1860 al 1866 il governo fu ora fiacco, ora violento; che corresse la fiacchezza colla violenza, per ritornare sempre alla violenza; che si offese la Sicilia adoperandovi i modi peggiori e negandole sempre la giustizia; e che ciò che le fu dato, se si guarda a ciò che le fu negato assume le proporzioni dell'ironia.


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





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