Certo è che l'on. Crispi, nella relazione al Re, la quale precede il decreto sullo stato di assedio, volge la grave accusa al suo predecessore on. Giolitti, di avere saputo dalle competenti autorità dei gravi avvenimenti che si preparavano in Sicilia e di non aver provveduto. Dell'accusa l'ex Presidente del Consiglio non si giustificò mai e lasciò passare tutta la lunga discussione parlamentare sulle cose di Sicilia in un mutismo inesplicabile.
Chi scrive, come siciliano, come pubblicista e come deputato, aveva più che altri il dovere di avvertire che dolorosi avvenimenti si preparavano nel suo paese natio; ed a tale dovere non venne meno(66).
Nel 1892 nell'Isola (N. 144) avvertii genericamente la gravità delle condizioni dei municipii e le possibili dolorose conseguenze, come si può rilevare da questo brano: «I governanti e i politicanti italiani preoccupati sinora quasi esclusivamente delle Finanze dello Stato hanno troppo trascurato la misera condizione economica delle amministrazioni comunali e provinciali; dimentichi che il dissesto dei comuni e delle provincie e il carico tributario imposto dai corpi locali gravita maggiormente sui contribuenti, perchè più direttamente e palpabilmente sentito; perchè rappresenta la goccia che fa traboccare il liquido dal vaso!
«Che sia così, se altro non ci fosse, lo proverebbe il fatto, che le maggiori odiosità le raccolgono(67) i municipî, che meno dovrebbero raccoglierne, poichè le spese e le tasse, che fan capo ad essi, alla fine, mirano alla soddisfazione dei bisogni locali più urgenti e sono sorgente di benefizî incalcolabili.
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