Quando il De Rosa, degno strumento di qualsiasi governo ferocemente reazionario, seppe in Caltanissetta della terribile rivolta femminile, mandò sul luogo truppa, carabinieri, delegati e giudici. Si sparge in un baleno la notizia della imminente repressione: gli uomini a cavallo e armati di fucili prendono il largo decisi a vendere cara la loro libertà. Le autorità arrestano a casaccio sette uomini e trentadue donne, che traducono ammanettate - alcune gestanti, altre coi loro bimbi lattanti sulle braccia! - nelle carceri di Mussomeli.
Il Cannella, Presidente del Fascio, intelligente ed energico quanto mai, vide tutta la desolazione dello abbandono delle case e tutto il pericolo di tanti uomini armati e risoluti, che avevano preso la campagna e conscio com'era della loro innocenza li consigliò a ridursi nel villaggio. Non fu ascoltato, perchè gli altri contadini volevano la promessa di qualcuno il quale avesse potuto difenderli all'occorrenza, che non sarebbero stati arrestati rientrando pacificamente nelle rispettive abitazioni. Pensarono che quella persona potevo essere io onde il Cannella accompagnato da altri tre venne in Castrogiovanni ad invitarmi perchè andassi a Milocca. Accettai e insieme al sig. E. Fontanazza, al signor Castiglione e al sig. Garofalo, Presidenti dei Fasci di Castrogiovanni, di Grotte e di Siculiana, riuscii ad indurre i contadini, che a schiere si presentarono a me lungo la via da Grotte al villaggio, a rientrare nelle loro case e persuasi anche i liberati del giorno innanzi a costituirsi alle carceri.
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