Il popolo sbalordito e indeciso per un istante, reagisce, riprende lo stendardo ch'è fatto in mille pezzi, mentre i carabinieri impugnano le rivoltelle e sono trattenuti dal tirare da molte braccia di nerboruti lavoratori.
Il maresciallo mira su di me replicatamente e mi costringe a gettarmi nella mischia per legittima difesa e per contribuire a disarmare quei due forsennati. Riusciamo nell'intento e si restituiscono le rivoltelle al carabiniere e al maresciallo entro la stanza del capo stazione dopo avere ottenuto promessa formale che non le avrebbero più adoperate; raccomando calorosamente ai lavoratori di sciogliersi e di evitare ogni possibile pretesto a nuovi abusi della forza, e ripartiamo.
Perchè si comprenda quanta sia stata la capricciosa brutalità dei due carabinieri che mostrarono un coraggio grandissimo, malamente speso, devo aggiungere che il gonfalone rosso non solo era stato portato liberamente per le strade in quella occasione e in cento altre in tutta la provincia, ma che poche ore dopo un'altra dimostrazione ci venne incontro a Canicattì, preceduta dal gonfalone rosso del Fascio alla presenza dei carabinieri e del delegato di pubblica sicurezza, senza che le autorità avessero fatto la benchè menoma osservazione.
Ciò che avvenne in Racalmuto la notte successiva - proprio durante la notte! - per opera del delegato - che si era vilmente ecclissato durante il tafferuglio - e dei carabinieri, ricorda i fasti peggiori della polizia austriaca e borbonica. Ma non è mio intendimento narrarli quali elementi comprovanti la provocazione; questa in tutta la sua brutalità risulta dal seguente dato: per un mucchio di concime non rubato, ma sparso nelle terre del padrone si arrestano cinque cittadini sotto l'accusa di associazione a delinquere; questo arresto determina la sollevazione delle donne di Milocca seguita dall'arresto di altri 39 individui, tra i quali 32 donne, coi loro bambini; e quest'altro fatto alla sua volta genera il tafferuglio di Racalmuto che dette luogo ad un'altra quarantina di arresti.
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