Lodo sinceramente, e constato che il sacerdote Genovese è una eccezione. Ben diversa è l'attitudine dell'episcopato siciliano e di quei prelati, che delle cose di Sicilia si sono occupati, non escluso Monsignor Isidoro Carini, l'illustre bibliotecario della Vaticana, il cui scritto per altro (La quistione sociale in Sicilia. Roma 1894) è pregevole per tanti motivi ed è inspirato da sincero amore per l'isola natía.
Anzitutto cosa dicono i Vescovi nelle pastorali rivolte ai loro fedeli sulle condizioni dei lavoratori e sulle cause che determinarono gli ultimi tumulti? Cosa ne pensa Monsignor Carini, il cui giudizio ha tanta importanza perchè è quello di un siciliano di cuore e di mente e che occupa un posto così elevato nelle regioni del Vaticano?
Comincio da Monsignor Guttadauro, vescovo di Caltanisetta, che parlò il primo e per la prima volta in ottobre 1893. Si può dire che meglio degli altri e conformemente ai suoi eccellenti precedenti parafrasò la celebre enciclica di Leone XIII, De conditione opificum, applicandola agli avvenimenti dell'isola. Nella sua prima pastorale constata che le «ragioni del malumore esistono e non si possono dissimulare. Il ricco per lo più abusa della necessità del povero, che viene costretto a vivere di fatica, di stento, di disinganno... Consiglia i reverendi parroci, naturali protettori dei poveri, a reclamare presso i proprietari ed i gabelloti, che si ristabilisca la giustizia e l'equità nei contratti, che si cessi dall'usura manifesta o palliata.
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