Ma è da discutere forse sul serio la possibilità di un moto ordinato da 160 sodalizî, - che hanno un organo centrale e dispongono di oltre trecentomila socî - e che si rivela in modo così tumultuario, veramente anarchico e con manifestazioni tali che escludono l'intesa e la premeditazione, la direzione, che avrebbe potuto e dovuto dare un organismo poderoso, vittoriosamente, allorquando tutte le forze di resistenza mancavano, quando le città erano sguernite di truppa e la poca che c'era figurava come le comparse teatrali, ora qua(87) ora là, e stanche, abbattute, demoralizzate? Se l'intesa, la premeditazione, la direzione dei Fasci ci fossero state, come spiegare la constatata azione moderatrice dei Fasci meglio organizzati e dei capi più stimati e più intelligenti? Ma che non ci sia stata si rileva alla evidenza dalle stesse relazioni della polizia, che rappresentano tutti o almeno i principali documenti dell'accusa. È il questore Lucchese, il deus ex machina dei processi, che narra la discussione, - durata otto ore! - tra i membri del Comitato Centrale, sei dei quali insistevano perchè si facesse un manifesto per raccomandare la calma, ed uno solo, il De Felice, propendeva per l'azione rivoluzionaria. E il Procuratore del Re nella citata domanda di autorizzazione a procedere per aggravare la responsabilità del De Felice, si vale della narrazione del questore Lucchese. Dalla quale dunque, emerge all'evidenza, che sino al momento dell'arresto dei membri del Comitato e dello inizio della reazione si deve escludere nei tumulti di Sicilia la responsabilità collettiva dei Fasci dei lavoratori, per un moto voluto e coordinato.
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