Non si potevano attendere gli sperati risultati dal ritiro della squadra, che stava a minaccia di Palermo. L'atto avrebbe solo potuto lusingare la città delle barricate, che non si era mai mossa e che non aveva menomamente accennato a dimostrazioni e tumulti, e che perciò rimase del tutto indifferente all'arrivo e alla partenza delle navi di guerra, dalla cui presenza poteva sperare qualche vantaggio economico, non temere offese.
A che cosa si ridusse l'opera di pacificazione dell'on. Crispi?
A un telegramma al sindaco di Lucca Sicula; ma fu tale misera cosa, che suscitò l'ilarità in alcuni, l'amara delusione o l'indignazione in altri.
In un sol caso si poteva pensare e supporre che l'annunzio dell'on. Crispi al potere da solo avrebbe potuto riuscire miracolosamente a produrre la pacificazione degli animi: in quello in cui il Presidente del Consiglio avesse davvero avuto parte diretta nell'eccitamento. E l'ipotesi calunniosa venne scartata.
Il corso degli avvenimenti, quindi, doveva continuare; e continuò, rimanendo immutata la enorme responsabilità del governo che in tutti i tempi e in tutti i modi li aveva preparati, determinati ed accelerati.
Disgraziatamente se mostrossi cieco, impreviggente chi dirigeva le sorti d'Italia in Roma, non si mostrarono più avvedute le classi dirigenti in Sicilia. Esse, che tanto avevano contribuito a creare la situazione anormale nel momento della crisi acuta, in generale - chè non mancarono le nobili e lodevoli eccezioni - furono liete dell'indirizzo preso dal governo; e derisero, denunziarono, angariarono i Fasci e i loro socî.
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