Perciò nella sera del giorno 5 dopo l'arresto dell'intero Comitato centrale dei Fasci e di altri egregi cittadini, dopo la proclamazione dello Stato di assedio, dopo l'arrivo continuo e incontrastato dal continente di nuovi reggimenti, repubblicani e socialisti, che non erano nelle prigioni, si riunirono e decisero dopo seria ma rapida discussione, di rivolgere un appello ai lavoratori dell'isola, diramarlo per mezzo del telegrafo nelle Provincie e farlo pubblicare dai giornali di Palermo(103). Per fare tutto ciò vi era un ostacolo: il generale Morra di Lavriano. Egli in forza dei poteri eccezionali che gli erano stati accordati poteva trattenere i telegrammi e sequestrare o sopprimere i giornali; e siccome ad ogni costo si voleva raggiungere lo scopo nel più breve tempo possibile si pensò di mandare ad avvertire il Regio Commissario straordinario di quanto s'intendeva di fare. A me ch'ero stato chiamato a Palermo telegraficamente nello stesso giorno fu affidato tale incarico, che nel modo che potei migliore disimpegnai nella stessa sera del giorno 5 verso ventitrè ore.
Trovai nel Generale Morra di Lavriano persona squisitissima nella forma, ma irremovibile nella sostanza di negare il permesso alla trasmissione telegrafica dell'appello a firma di molti repubblicani e socialisti. Ma siccome si sarebbe messo sfacciatamente dal lato del torto impedendo che ai lavoratori si trasmettesse una parola che poteva essere ascoltata e che consigliava la calma e la cessazione dei tumulti, così ricorse all'espediente di consentire l'appello purchè esso portasse la mia sola firma.
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