Tale impressione fu tanto viva, che a smorzarla qualche pietoso giornale governativo annunziò seccamente ed ingenuamente che il telegramma era stato formulato di accordo tra me... e il generale Morra di Lavriano. La insinuazione volgare da nessuno potrà meglio essere stigmatizzata quanto dallo stesso Regio Commissario straordinario.
Se il partito repubblicano-socialista fece il dover suo consigliando la calma nella speranza d'infrenare la reazione togliendole ogni pretesto ad infierire, non fu, però, fortunato perchè la reazione non si arrestò; sopratutto - stando ad alcune voci accreditate, - per opera di alcuni noti uomini politici, che circuivano a Palermo il generale Morra di Lavriano ed a Roma l'on. Crispi(105).
A me che avvertii il Presidente del Consiglio, che i suoi funzionari lo disonoravano facendosi strumento di iniqua reazione rispose, assoluto ed altezzoso come sempre, che sotto il suo governo non sarebbe possibile la reazione.
I fatti si dettero la briga di smentirlo brutalmente, come si potrà rilevare dalla loro rapida rassegna.
Il primo sintomo delle tendenze reazionarie si ebbe colla proclamazione dello Stato d'assedio nelle città tutte che avevano mantenuto un ordine esemplare e in quattro provincie che si erano tenute perfettamente calme. Si volle loro arrecare un grave turbamento economico e si vollero sottrarre alle garanzie costituzionali soltanto per avere mano libera negli arresti e nelle violenze. Proclamando lo stato d'assedio in provincie tranquille, osserva un illustre giurista, si falsa il concetto fondamentale dei poteri eccezionali, i quali traggono la loro legittimità soltanto dalla necessità di reprimere la rivolta, non di prevenirla, perocchè alla prevenzione bastano da soli gli ordini normali.
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