Invero i militari, di fronte ai cittadini che hanno vinto e domato nelle dissensioni civili, non possono essere imparziali, poichè per quanto essi siano leali, per quanto la compagine dell'esercito sia nazionale, è umano che nelle lotte si destino risentimenti e che nel cuore di coloro che si sentirono offesi e rimasero vincitori alberghi il desiderio della vendetta per quanto attenuato e represso da un alto senso del dovere. Di più i militari rappresentano il potere esecutivo contro il quale si levano i ribelli; essi, quindi, sono giudici e parte direttamente interessata nello stesso tempo.
Quest'ordine di considerazioni non è teorico ma ebbe altrove la sua esplicazione pratica e ne venne riconosciuta la giustezza. Ben a ragione il senatore A. Pierantoni ha ricordato che la quistione non è nuova nella storia delle guerre civili e che il caso del maresciallo Ney avrebbe dovuto servire di esempio e di ammaestramento.
«Quando Napoleone dall'isola d'Elba sbarcò nel golfo di Iuan ai 5 marzo 1815, per riprendere l'impero della Francia, il maresciallo Ney fu scelto dal re Luigi XVIII per tagliare la via della capitale all'insensato perturbatore della pubblica quiete.
Ney, impotente a trattenere le onde del mare, tornò alla causa di Napoleone.
«Dopo la battaglia di Waterloo e la seconda abdicazione di Napoleone, Luigi XVIII volle deferire ai consigli di guerra i colpevoli di aver tradito il re prima del 23 marzo, e di avere attaccata la Francia e il suo governo a mano armata. Con ordinanza del 24 luglio mandò Ney, Cambronne ed altri ai giudici militari.
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