..» E in tempo di pace gl'imputati innanzi i Tribunali militari hanno il diritto di scegliersi il difensore tra gli avvocati esercenti.
Si vorrà forse dire che le circostanze erano tali che non resero possibile il rispetto delle procedure stabilite in tempo di pace?
Infatti,... i più valorosi avvocati della Sicilia e d'Italia si erano offerti a costituire il collegio della difesa. È facile che anche appunto per questo si volle essere esclusivamente brutali nello arbitrio, menomando il diritto di difesa agli imputati politici. Onde, bene e a proposito il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Palermo, protestò energicamente - a proposta dell'avv. Vittorio Palmeri - contro l'iniqua decisione del Tribunale di guerra.
Ed anche su questo riguardo ricorrono alla mente i paragoni che suggeriscono assai malinconiche riflessioni. Gli eroici difensori di Casa Ajani nel 1867 in Roma - governando il Papa sotto la protezione dell'esercito imperiale francese - ebbero concessi gli avvocati civili per la difesa; e pure la tirannide borbonica rispettò in Napoli e Sicilia questo sacrosanto diritto della difesa al 1821, al 1831, al 1850, al 1858, al 1860, nel processo di Nicolò Garzilli, in quello contro Poerio, Settembrini ecc., nell'altro delle tredici vittime, sempre! L'accusa di aver negata la difesa civile agl'imputati di reato politico, mossa da Gladstone nelle famose lettere in cui chiamò negazione di Dio il governo Borbonico, parve a quest'ultimo tanto disonorante, osserva l'Impallomeni, che esso fece pubblicare una memoria dove in risposta al grande statista inglese si mostrava che l'accusa non era fondata e si concludeva: «Con fatti così bugiardi no, non poteasi mai preoccupare la pubblica opinione, e meno spargere la credenza che pessimamente nelle due Sicilie si amministri la giustizia.
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