In qualunque altro paese civile e libero il rapporto-denunzia dell'Ispettore Rinaldi sarebbe stato bastevole per lo meno a farlo destituire; in Italia valse ad indurre il Tribunale di guerra di Trapani, presieduto da un Barbieri, a far condannare il Curatolo.
La sentenza non è che la parafrasi pura e semplice del rapporto; i suoi considerandi non sono, che supposizioni e insinuazioni. In quanto a fatti concreti così si esprime: «Che mente direttiva della organizzazione dei Fasci e di siffatti propositi - precedentemente la sentenza aveva accennato ai fatti luttuosi accaduti in altre parti dell'isola e che non si erano verificati in Trapani per la pronta ed energica repressione (?) delle autorità - «fosse il giudicabile Curatolo Vincenzo e fosse esso che dirigeva ogni movimento che si verificava e in questa città e nel vicino comune di Paceco, i cui moti dovevano avvenire contemporaneamente e confondersi in una sola azione è provato dalla corrispondenza, che gli fu sequestrata, che lo compromette nel più assoluto modo, dalla sua posizione nel Fascio dei lavoratori di Trapani, da esso si può dire formato e moralmente presieduto, dalle sue relazioni coi capi dei rivoltosi in tutte le parti dell'Isola, dalle sue corse a Paceco fatte in momento opportuno, mal celate e poi negate, e finalmente dal grido di Viva il socialismo, emesso quando lo trassero in arresto, che fatto in quelle condizioni e con quell'espressione, non poteva non essere un grido sedizioso rivolto al pubblico, grido che rileva il di lui animo bramoso di disordini popolari.
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