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Constava al Tribunale di guerra che Vincenzo Curatolo nei momenti dal pericolo, e quando un animo bramoso di tumulti avrebbe potuto facilmente provocarli, aveva rivolto al popolo parole di pace e consigli di calma, ma non ne tiene conto perchè, seguendo l'Ispettore Rinaldi, «delle disapprovazioni che l'accusato avrebbe fatte pei detti avvenimenti, non è il caso di occuparsene, nulla deducendo in di lui favore, ma solo addimostrando una non comune e provetta attitudine in lui di eccitatore occulto ma efficace, come offrono la stessa prova le esortazioni alla calma col rispetto della legge fatte palesamente.»
Per tali fatti così stabiliti il Tribunale di guerra visti gli articoli 120 e 252 del Codice penale condanna il Curatolo a sette anni di reclusione e alle spese!
Si è visto che la sentenza trova le prove dell'accusa sopratutto nella corrispondenza sequestrata al Curatolo, cioè tra le più carte giudicate di poca importanza dall'ispettore Rinaldi. Il quale così le giudicò per difetto d'intelligenza, poichè fu trovata una terribile lettera di Francesco Cassisa... la quale non potè valere, però a fare condannare questi dal Tribunale di Guerra di Palermo, - il quale pur distribuì generosamente migliaia di anni di condanne facendo una vera strage d'innocenti!
Da questo processo, - superato soltanto in mostruosità dalla sentenza - rimane provato all'ultima evidenza che dai Tribunali di guerra si ritenne reato l'avere avuto relazioni con persone incriminate - e con tale criterio si potrebbe mandare in galera mezza Italia, compreso il Parlamento; reato la visita al vicino paese, che si rappresenta in Consiglio Provinciale: reato il presiedere.
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