Oh! valeva la pena di abbattere il governo, che fu detto negazione di Dio e di far cadere tante vittime preziose sui campi di battaglia e sulle forche per arrivare a vedere funzionare come hanno funzionato i Tribunali militari in Sicilia e in Lunigiana nell'anno 1894 e in nome dell'Italia libera ed una? Non si direbbe che le libertà promesse dallo Statuto siano tranelli tesi alla buona fede degli italiani? Quanto più onesto e leale il governo borbonico, che senza ipocrisie proibiva di occuparsi di politica, e sotto il quale almeno erano sicuri di vedere rispettata la propria libertà coloro che ottemperavano scrupolosamente ai suoi ordini!
Lo sconforto sarebbe minore se dell'opera nefasta dianzi tratteggiata fossero responsabili soltanto i Tribunali di guerra. Si sa! i militari non comprendono il diritto, non conoscono leggi e statuti, non discutono ma ubbidiscono, come impone la disciplina, non conoscono altra ragione che quella che viene dalla forza. Ma il guaio maggiore è questo: nelle aberrazioni giuridiche, politiche e morali dei Tribunali di guerra c'è la solidarietà e la complicità necessaria dei magistrati ordinarî, che dovrebbero tutelare i diritti dei cittadini e fare rispettare le leggi e lo Statuto in alto e in basso. E questa solidarietà e questa complicità, per quanto possa riuscire doloroso il confronto, bisogna metterle in evidenza.
Da parecchio tempo la magistratura italiana avea perduto nella coscienza pubblica quella stima e quella rispettabilità, che sono indispensabili al suo ufficio supremo in uno stato libero e bene ordinato e per cagioni molteplici, che sono state esposte e studiate da illustri magistrati, da giuristi e da scrittori politici di ogni parte.
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