Gli imputati - da prima malvisti e odiati anche - destarono poi nel pubblico interesse e simpatia vivissima: fu un crescendo, mano mano che al dibattimento venivano sfatate le accuse vili che i loro nemici avevano fatto circolare sapientemente.
Perocchè il governo e le classi dirigenti, con uno sfacciato lavorio di denigrazione, erano riusciti a rendere odiosi i socialisti del processo mostruoso; nei giornali, alle Camere, nei crocchi, le calunnie più inverosimili si erano spacciate contro di loro. Gl'imputati non erano soltanto responsabili degli eccidî, degli incendî, delle devastazioni di Sicilia, ma erano anche i traditori della patria, che volevano disfare l'opera secolare a cui consacrarono braccia, mente e cuore tanti martiri e tanti eroi; erano i traditori della patria, che avevano trescato coll'eterno nemico d'Italia, il clericalismo e ch'erano stati comprati dall'oro straniero. E in essi, più che gli utopisti imprudenti, che sognavano la redenzione economica dei lavoratori, lo ripeto, non si vedevano che i traditori della patria.
Tale l'ambiente morale creato non solo in Palermo, ma in tutta Italia. Era stato creato colle menzogne e colle calunnie più scellerate; ma queste venivano proclamate con tanta sicurezza e con tanta insistenza da coloro che si presumeva dovessero conoscere la verità - dall'infimo giornaletto di provincia sussidiato dal Prefetto, al grande giornale della capitale, la cui ufficiosità non era discutibile; dal delegato di pubblica sicurezza al primo ministro del regno - che la pubblica opinione venne traviata e le infamie, per un momento, acquistarono credito presso gli uomini indipendenti e di mente eletta, sinanco tra gli amici politici dei prigionieri(136).
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