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      Lucchese fu tale, che la difesa domandò la sua incriminazione per applicazione dell'art. 214 del Codice penale. Quando il Tribunale si ritirò per decidere, furono molte le discussioni e i commenti; l'incriminato andò al banco della Stampa per giustificarsi; fu tale, però, l'accoglienza che se ne allontanò subito. Nessuno s'illuse sulla decisione che avrebbe presa il Tribunale; ma nessuno poteva aspettarsi una ordinanza come quella che lesse il Presidente, poichè essa consacrava una enormità giuridica e morale colle seguenti parole finali: «Il Tribunale dichiara veridica la deposizione del teste, la quale non può essere infirmata dalla cartolina scritta dal Pico e respinge l'istanza della difesa». Tali parole furono accolte nell'aula da un mormorio prolungato, che in quel momento, a chi vi assisteva, potè sembrare un fremito di ribrezzo del popolo.
      Per intendere tale impressione, ed anticipando la narrazione si deve aggiungere che di questa cartolina di Pico sarebbe vero autore morale lo stesso Lucchese: se non la dettò, la lesse, la conobbe, l'approvò!
      I testimoni. La loro sfilata è immensa; tra quelli di accusa ho notato, senza avere avuto la pazienza di rilevare la condizione di tutti: sette prefetti, un ex prefetto, un consigliere delegato di Prefettura, tre questori, sei ispettori di pubblica sicurezza; e poi Delegati, ufficiali dell'esercito di ogni arma e di ogni grado, sindaci e proprietari, avversarî notissimi dei Fasci; e poi questurini e carabinieri; e poi pochissimi lavoratori, che o depongono su circostanze inconcludenti o smentiscono ciò che risultava avevano affermato nel processo scritto.


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





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