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      Cipriani scrive a De Felice: «Se mai farai o tenterai qualche cosa, spero penserai a me.» Avrebbe potuto scrivere ciò se fosse stato a parte di una cospirazione e se cospirazione vi fosse stata?
      Cipriani continua: «Dimmi qualche cosa.» Dunque egli non sa nulla! Cipriani gli annunzia «che sta sulle spine e che ha bisogno più di frenare se stesso, anzichè di frenare gli altri.» Non è evidente che De Felice lo aveva pregato di frenare gli altri?
      C'è di più. Cipriani domanda a De Felice: «Perchè non scrivi? Eppure se i giornali non mentiscono vi sarebbe di che.» Non prova questo che il più temuto fautore della cospirazione apprende le notizie dai giornali piuttosto che dal complice?
      La premura, la diligenza di un altro complice, viene luminosamente dimostrata da questo altro brano di una lettera dello stesso Cipriani a De Felice:
      «Scrissi a Bosco e non si è neanche degnato di rispondermi. Poverino!» E questa lettera porta la data del 1° gennaio, cioè della vigilia della rivoluzione!
      Quando si pensa alla importanza assegnata dal processo al Cipriani non si può fare a meno di sorridere pensando all'accordo singolarissimo, che esisteva tra questi non meno singolari cospiratori! Quanto poi i tumulti di Sicilia fossero la conseguenza della coordinata direzione dei cospiratori con non minore evidenza emerge da ciò che il De Felice scrive a una sua amica:
      «Giungono notizie di gravi disordini dalla provincia.» Dunque quei disordini erano per lui cosa nuova; e lo erano ancora il 1° gennaio, quando gliene scrive, provando che non erano stati da lui preparati.


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





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