La sentenza che chiude mostruosamente il processo De Felice e C.i riconosce «che le popolazioni erano incolte, impoverite: i lavoratori rozzi, ignoranti, abbrutiti dalla miseria.....»; questa stessa sentenza, infine, constata «che le masse spinte alla guerra civile non avevano senso politico, agognavano il benessere, tanto vero che portavano i ritratti dei sovrani ed erano tenute allo scuro del fine ultimo dei cospiratori e non si ebbe un solo grido, che accennasse ad abbattere i poteri dello stato».
Dopo queste testimonianze, confessioni e constatazioni, con quale logica, con quale lealtà, con quale senso di giustizia si fece risalire la responsabilità dei moti apolitici, ad una organizzazione e ad un Comitato essenzialmente politico, la cui azione non fu dimostrata in verun dei singoli fatti dolorosi, che funestarono la Sicilia?
Eppure si condannano gli accusati! E il Tribunale di guerra condanna tagliando colla spada tutte le più gravi quistioni giuridiche, respingendo tutte le pregiudiziali sollevate, quantunque convinto che solo alcune di esse non avevano fondamento. Dunque lo avevano le altre? E il Tribunale di guerra condanna colla logica ottentotta che si può riconoscere in questo brano della sentenza: De Felice e C.i volevano avvalersi del disagio economico, delle cattive amministrazioni locali, dell'istintivo odio dei lavoratori contro(150) i proprietari; e la loro intenzione si argomenta dalla costituzione dei Fasci!
E difatti, che bisogno avevasi di costituire i Fasci «quando avrebbero potuto servirsi, pel vantaggio dei lavoratori, delle società operaie esistenti?
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