La mente eletta e l'animo nobile del generale Morra non si rivelarono soltanto nelle cennate circostanze e nei modi summenzionati; altre occasioni egli ebbe di mettere in evidenza la equanimità, la delicatezza dei sentimenti, il tatto squisito. Il premuroso sindaco di Catanzaro manda - spontaneamente s'intende - un telegramma al colonnello Giussani Presidente del Tribunale militare, in difesa del Questore Lucchese e in danno di De Felice e C.?
E il generale Morra lo lascia pervenire al suo indirizzo. Da Catanzaro mandano poco dopo un telegramma al Giornale di Sicilia, che dà notizia delle proteste del Consiglio Comunale contro l'operato del sindaco, e che gioverebbe agli stessi accusati? E il generale Morra si affretta a sequestrarlo. Ciò per la equanimità.
Quanto al tatto squisito, il generale Morra distribuisce lodi e dà banchetti in quali occasioni e per quali motivi? Lasciamolo dire a Felice Cavallotti.
Il generale Morra «è l'autore di quel saluto di congedo agli ufficiali in partenza, che dopo avere nell'isola, tra dolorosi frangenti(158), mostrato pur cuore di soldati italiani, mentre partivano pensosi ed afflitti delle cose vedute, si udirono in un discorso gonfio di rettorica vanesia decretare allori da essi nè bramati nè sognati nè chiesti, i tristi allori della guerra civile, come tornassero da Filippi o da Farsaglia.
Di più: «il giorno che nell'aula di un tribunale si domandano 23 anni di galera, per delitto di lesa patria, contro un deputato italiano, fino a ieri circondato dall'aura popolare, rappresentante di una illustre città, onorato della fiducia di due collegi dell'isola sua.
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