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      La enorme maggioranza, che approvò la condotta del governo non lasciava luogo a sperare - nella sua resipiscenza nella grave quistione che le venne innanzi il giorno 8 Marzo - per la autorizzazione a procedere contro l'on. De Felice e per la convalidazione del suo arresto.
      Qui erano in giuoco le prerogative della Camera, delle quali, dal 1848 in poi, essa si era mostrata sempre gelosa. Ma a nulla valsero le osservazioni di Cavallotti, di Barzilai, di Imbriani, di Sacchi, di Altobelli, di Merlani, mie e dello stesso Palberti, ch'era relatore delle Commissione nominata dagli ufficî della Camera dei Deputati per esaminare la domanda di autorizzazione a procedere presentata dal Regio Procuratore presso il Tribunale di Palermo.
      Non valse che io dimostrassi che le accuse si fondavano sopra documenti ridicoli come il trattato di Bisacquino, o infami come il firmatissimo; che lo stesso Procuratore del Re, costatando la lunga lotta in seno del Comitato dei Fasci alla vigilia della proclamazione dello Stato d'assedio, escludeva implicitamente l'azione dello stesso Comitato e dell'on. De Felice nei moti di Sicilia; che lo stesso pubblico accusatore non avesse potuto dimostrare un sol caso di azione diretta del rappresentante per Catania nei tumulti; che aveva torto l'on. Palberti ad ammettere la esistenza di depositi di armi vecchie e nuove sulla semplice assicurazione del questore Lucchese. Non valse che l'on. Sacchi collo esame della corrispondenza tra l'on. De Felice e il Cipriani - il cavallo di battaglia del processo e dell'accusa di alto tradimento - avesse luminosamente provata la inesistenza dei mezzi idonei per provocare la rivoluzione.


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Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause
di Napoleone Colajanni
Sandron Palermo
1895 pagine 444

   





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