Dal processo di Milano abbiamo appreso che esse erano accettate dalle classi dirigenti, dagli alti e bassi funzionari politici, dai magistrati concordi nell'additare come mandante Raffaele Palizzolo.
Ebbene cosa fecero la polizia e la magistratura per assicurare la scoperta della verità; per accertare se realmente il mandante dell'assassinio fosse Raffaele Palizzolo, per vedere se le loro proprie convinzioni trovassero base incontrastabile nei fatti?
Se si rispondesse in base alle risultanze del processo di Milano, che polizia e magistratura nulla fecero in tale senso, si direbbe una grossa menzogna. Infatti dal suddetto processo è risultato a luce meridiana che polizia, magistratura, autorità altissime di ogni genere prese nel loro insieme tutto fecero per riuscire all'impunità del presunto reo, per deviare la giustizia dalla scoperta della verità!
Né ira di parte, né leggerezza, né spirito di esagerazione entrano in questo severo giudizio, che è quello formulato dalla pubblica opinione con una concordia veramente formidabile, suggerita dalla evidenza dei fatti.
L'evidenza luminosa risulta dal processo di Milano. Esso ci fece conoscere anzitutto che mentre era in tutti la convinzione che il mandante fosse il Palizzolo, nessuno mai osò nonché sottoporlo a processo, nemmeno interrogarlo per averne qualche lume che anche potesse servire a distruggere la sinistra leggenda, che attorno a lui erasi formata. Né è a credere che la immunità parlamentare lo coprisse e lo rendesse sacro ed inviolabile.
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