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      I Compagni d'armi non erano mai uomini onesti; per lo piú avevano subíto parecchie condanne o almeno parecchi processi. La loro condizione morale migliorò, però, colla riforma di Nicotera del 1877.
      Da ladro, da audace e sanguinario malfattore, anzi si otteneva una prima promozione passando al servizio del grande proprietario; ed una seconda piú importante passando al servizio dello Stato nella Compagnia!
      2. Ma il grande e il medio proprietario non potevano sottostare senza grave loro danno a questo regime di furto legalmente organizzato; perciò essi provvedevano direttamente alla difesa dei loro beni, mercé di un corpo piú o meno generosamente retribuito.
      Il campiere deve – e dico deve, perché il campiere sussiste ancora, benché attenuato – rendere sicuri i beni del suo padrone contro il ladro, comunque e con qualunque mezzo. Esso deve tener testa un po' al compagno d'armi. Egli, perciò, se la deve intendere un po' coll'uno e un po' coll'altro; e renderà servizi ora all'uno ora all'altro, secondo le circostanze, pur di essere rispettato e temuto da entrambi. Il rispetto di cui si gode, il timore che s'incute sta in ragione diretta del coraggio e della risolutezza mostrati in ogni occasione, e specialmente nei piú audaci reati contro le persone e contro le proprietà per l'astuzia e per l'avvedutezza.
      Perciò da facinoroso, da malfattore sotto il governo borbonico si passava ai servizi del signore, del latifondista, del grande gabelloto, in attesa dell'altra promozione a compagno d'armi di cui si disse precedentemente.


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La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi
(1860-1900)
di Napoleone Colajanni
pagine 91

   





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