Nel reclutamento dei campieri, che sussistono ancora mentre sono scomparsi i Compagni d'armi, il generale Corsi diceva che «il signore, purché fossero uomini di stocco, è costretto a chiudere un occhio e magari anche tutti e due nello sceglierli e prenderli della stessa pasta di cui si fanno i briganti».
Il generale Corsi si riferiva all'anno 1894 in cui egli scriveva; si può immaginare quale fosse lo stato delle cose quarant'anni or sono sotto i Borboni.
Al latifondista, al grande gabelloto non interessava che la sicurezza dei propri beni, che il governo non poteva garentire; e siccome egli otteneva lo scopo tanto piú facilmente quanto piú temuto era il suo campiere; quindi egli non solo usava una sapiente selezione – a base di criminalità – nel momento dello arruolamento; ma una volta che lo aveva ai suoi servizi adoperava tutti i mezzi per assicurargli l'impunità, checché egli facesse, qualunque reato egli commettesse.
Era manutengolo di ladri e di briganti? Non importava: purchè i ladri e i briganti non foraggiassero nel latifundium, nel campo del gabelloto. Il campiere sfogava una passione su di una donna; sfogava una vendetta ammazzando un antico nemico? Importava meno; anzi giovava: cresceva l'autorità dell'armigero, era piú temuto piú rispettato lui... e il latifondo affidato alla sua custodia. E il feudatario, il gabelloto – il cosidetto signore – a delitto consumato lo ricoverava, lo nascondeva, spendeva, prometteva, corrompeva, minacciava, pregava, scongiurava le alte autorità politiche in favore del presunto delinquente, a tutti noto come autore del reato, ma che raramente veniva processato, e piú raro condannato!
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