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      Cosí avvennero i massacri dei signori, dei galantuomini, nel 1820, 1837, 1848, 1860 a simiglianza perfetta dei moti della Jacquerie, dell'Anabattismo e di quelli piú recenti dei contadini in Galizia.
      Ma la ribellione collettiva non era sempre possibile; lo era quella individuale, la cui trama è criminosa.
      L'organizzazione politico-economico-sociale dà ragione, quindi, del prevalere in Sicilia della delinquenza sanguinaria e maggiormente dove il regime feudale rimase immutato anche nelle apparenze; spiega pure la prevalenza, – si potrebbe dire la esclusività – dei contadini e dei pastori tra i briganti. E questi ultimi raramente taglieggiavano i piccoli proprietari e i lavoratori; spesso li aiutarono con denaro e ne fecero le vendette. Ciò che li fece guardare con simpatia in basso, dove venivano considerati ed ammirati come giustizieri, e permisero che tenessero la campagna per lungo tempo – favoriti anche dalla mancanza di strade e dalle condizioni demografiche – nonostante le taglie e la caccia, che in certi momenti davano loro le autorità politiche e militari.
      Il pullulare dello spirito della mafia in un siffatto ambiente era il fenomeno piú naturale di questo mondo; sarebbe stato strano che non fosse sorto un tale spirito, qualunque ne avesse potuto essere la denominazione.
      Le stesse cause dettero dovunque gli stessi effetti; perciò dovunque ci fu malgoverno sistematico ed oppressione sociale vediamo sorgere associazioni segrete piú o meno analoghe alla mafia, talora piú vaste e con impronta piú spiccata politico-sociale; ma sempre impeciate di criminalità. Così sorsero la Sainte Vehme e la Jacquerie.


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La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi
(1860-1900)
di Napoleone Colajanni
pagine 91

   





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